#THELASTDROP
#FONDAZIONECESVI
L’ultima goccia è quella che fa traboccare il vaso. La storia che Fabrizio Spucches racconta in questo volume è quella di un vaso traboccante disperazione e morte: sembrerà strano vedere accostate due tragedie contemporanee così assurde e apparentemente distanti, ma la folle guerra dello Zar Putin è una battaglia contro gli ultimi, categoria che va ben oltre la catalogazione geografica.
L’ultima goccia è quella che fa traboccare il vaso. La storia che Fabrizio Spucches racconta in questo volume è quella di un vaso traboccante disperazione e morte: sembrerà strano vedere accostate due tragedie contemporanee così assurde e apparentemente distanti, ma la folle guerra dello Zar Putin è una battaglia contro gli ultimi, categoria che va ben oltre la catalogazione geografica.



Spucches è stato con Fondazione CESVI in Ucraina e nel Corno d’Africa a fotografare chi è stato colpito dalla violenza russa e se è facile capire il dramma che il conflitto ha portato nella popolazione ucraina, è più complesso capire i suoi effetti in Africa. Etiopia, Kenya e Somalia stanno subendo la più grave siccità dal 1981 e l’agricoltura è in ginocchio. Questo ha portato il Corno d’Africa, negli ultimi anni, a dipendere da altri Paesi per l’importazione di materie prime e proprio Ucraina e Russia esportavano quantità enormi di grano verso quei Paesi, in certi casi arrivando addirittura a soddisfare il 90% del fabbisogno. Ecco che l’acqua è fin da subito protagonista di questa operazione, che ci vuole raccontare il divario tra paesi dell’est europeo e alcuni paesi africani: i primi sono strategici a livello geopolitico proprio perché provvisti di enormi fonti d’acqua che permettono una florida agricoltura (a partire dal grano), asset economico fondamentale per quanto riguarda le esportazioni. Mentre a causa della guerra le linee di approvvigionamento nel Corno d’Africa sono bloccate e quasi 20 milioni di persone rischiano di morire di fame a causa di questo. L’Africa non ha accesso costante all’acqua e il cambiamento climatico causato dall’uomo ha contribuito ad aumentare la gravità della siccità.
Spucches è stato con Fondazione CESVI in Ucraina e nel Corno d’Africa a fotografare chi è stato colpito dalla violenza russa e se è facile capire il dramma che il conflitto ha portato nella popolazione ucraina, è più complesso capire i suoi effetti in Africa. Etiopia, Kenya e Somalia stanno subendo la più grave siccità dal 1981 e l’agricoltura è in ginocchio. Questo ha portato il Corno d’Africa, negli ultimi anni, a dipendere da altri Paesi per l’importazione di materie prime e proprio Ucraina e Russia esportavano quantità enormi di grano verso quei Paesi, in certi casi arrivando addirittura a soddisfare il 90% del fabbisogno. Ecco che l’acqua è fin da subito protagonista di questa operazione, che ci vuole raccontare il divario tra paesi dell’est europeo e alcuni paesi africani: i primi sono strategici a livello geopolitico proprio perché provvisti di enormi fonti d’acqua che permettono una florida agricoltura (a partire dal grano), asset economico fondamentale per quanto riguarda le esportazioni. Mentre a causa della guerra le linee di approvvigionamento nel Corno d’Africa sono bloccate e quasi 20 milioni di persone rischiano di morire di fame a causa di questo. L’Africa non ha accesso costante all’acqua e il cambiamento climatico causato dall’uomo ha contribuito ad aumentare la gravità della siccità.











Con questo progetto realizzato con CESVI, Spucches non fa confronti o paragoni e non ha alcuna intenzione di stendere una macabra classifica della gravità dei problemi di popoli così diversi, anzi trasporta il visitatore in un’ottica metaforica e paradigmatica, in un cortocircuito che sovverte il racconto mediatico, sempre legato all’emergenza altisonante e mai a una vera presa di coscienza. E allora capiremo che se nei primi giorni della guerra ognuno di noi si mobilitava per aiutare il popolo ucraino, già dopo pochi mesi questa attenzione scemava e l’empatia poco a poco svaniva.
Con questo progetto realizzato con CESVI, Spucches non fa confronti o paragoni e non ha alcuna intenzione di stendere una macabra classifica della gravità dei problemi di popoli così diversi, anzi trasporta il visitatore in un’ottica metaforica e paradigmatica, in un cortocircuito che sovverte il racconto mediatico, sempre legato all’emergenza altisonante e mai a una vera presa di coscienza. E allora capiremo che se nei primi giorni della guerra ognuno di noi si mobilitava per aiutare il popolo ucraino, già dopo pochi mesi questa attenzione scemava e l’empatia poco a poco svaniva.






Ecco allora queste persone rendersi indistinte nella fotografia, vittime di guerra e siccità che si trasformano in semplice catalogazione di un problema che dovrebbe colpirci non solo sull’onda emotiva. Navigano tutte sulla stessa barca queste persone, in quel blu che è il cielo che lancia bombe in Europa e vuoto di quella pioggia che da troppo tempo non scende in Africa. Madri coi bambini rispondono dunque alla stessa domanda e intere famiglie si mostrano con tutto ciò che posseggono, che sia perché il destino non ha mai dato loro nulla o perché i bombardamenti hanno distrutto ciò che avevano (come le valigie che un padre di famiglia ha messo a disposizione del progetto, unico ricordo rimasto di sua moglie e dei suoi figli, ammazzati mentre tentavano di fuggire).
Ecco allora queste persone rendersi indistinte nella fotografia, vittime di guerra e siccità che si trasformano in semplice catalogazione di un problema che dovrebbe colpirci non solo sull’onda emotiva. Navigano tutte sulla stessa barca queste persone, in quel blu che è il cielo che lancia bombe in Europa e vuoto di quella pioggia che da troppo tempo non scende in Africa. Madri coi bambini rispondono dunque alla stessa domanda e intere famiglie si mostrano con tutto ciò che posseggono, che sia perché il destino non ha mai dato loro nulla o perché i bombardamenti hanno distrutto ciò che avevano (come le valigie che un padre di famiglia ha messo a disposizione del progetto, unico ricordo rimasto di sua moglie e dei suoi figli, ammazzati mentre tentavano di fuggire).




Il percorso è un limbo che mischia le carte e azzarda fino a suggerire l’inimmaginabile: da un lato persone che, chiuse in un sacco nero da cadaveri, hanno perso figli, fratelli, sorelle, genitori, mogli, mariti. Tengono in mano un girasole, il simbolo del loro Paese. Dall’altro invece l’estrema tessera di questo raccapricciante domino: uomini che per mancanza di cibo si rifugiano nelle droghe più misere, tossicodipendenti che per non sentire la fame cercano di abbandonare la realtà. Attraverso lo sguardo di Spucches si mostra la contemporaneità da un punto di vista completamente nuovo: cominciamo a mostrare ucraini e africani nella stessa impronta estetica, perché presto ci dimenticheremo dei primi come abbiamo fatto dei secondi?
Il percorso è un limbo che mischia le carte e azzarda fino a suggerire l’inimmaginabile: da un lato persone che, chiuse in un sacco nero da cadaveri, hanno perso figli, fratelli, sorelle, genitori, mogli, mariti. Tengono in mano un girasole, il simbolo del loro Paese. Dall’altro invece l’estrema tessera di questo raccapricciante domino: uomini che per mancanza di cibo si rifugiano nelle droghe più misere, tossicodipendenti che per non sentire la fame cercano di abbandonare la realtà. Attraverso lo sguardo di Spucches si mostra la contemporaneità da un punto di vista completamente nuovo: cominciamo a mostrare ucraini e africani nella stessa impronta estetica, perché presto ci dimenticheremo dei primi come abbiamo fatto dei secondi?








Ecco allora che quella di THE LAST DROP diventa una visione che è giusta e sbagliata allo stesso tempo, che ci dice che l’ultima goccia della disperazione africana è una guerra dall’altra parte del mondo. Un’ultima goccia che è allegoria amara, perché versata su una terra che questa goccia brama.
Nicolas Ballario
Ecco allora che quella di THE LAST DROP diventa una visione che è giusta e sbagliata allo stesso tempo, che ci dice che l’ultima goccia della disperazione africana è una guerra dall’altra parte del mondo. Un’ultima goccia che è allegoria amara, perché versata su una terra che questa goccia brama.
Nicolas Ballario
